giovedì 8 novembre 2007

Un modello di formazione linguistica. Come sviluppare le competenze interculturali e comunicative.

1. La situazione e il progetto
La capacità di comunicare è una delle competenze chiave della società contemporanea. Nondimeno vengono segnalati numerosi deficit nell'ambito dell'insegnamento delle lingue straniere, e, in Italia in modo particolare, questi deficit emergono per quanto concerne il parlato (cfr. Ricci Garotti 1999, 19).
La somministrazione all'inizio dell'anno accademico tra gli studenti di tedesco (terzo anno) del corso "Lingue e culture Europee"[1] del test di autovalutazione delle capacità linguistiche European Language Portfolio[2] ha contribuito a far emergere due questioni interessanti:
1) l'80% degli studenti dichiara di ritrovarsi ad un livello inferiore nella capacità del parlato rispetto alle altre competenze
2) gli studenti dichiarano di non disporre della capacità di "partecipare ad una discussione" (Livello B2) e "di associare con abilità gli interventi con quelli degli altri interlocutori" (Livello C1).

Si riscontra quindi una duplice mancanza per quanto riguarda la competenza comunicativa nella lingua straniera che si manifesta in particolare nella incapacità di comunicare con gli altri interagendo in modo appropriato. Questo ordine di problemi non viene affrontato in modo soddisfacente nell'insegnamento linguistico attuale per almeno due ragioni: Durante le lezioni gli studenti non hanno occasioni di provare la cooperazione tra diversi interlocutori; il carattere interattivo della comunicazione orale non è dunque considerato a sufficienza. I partecipanti ad un corso di lingua non hanno l'occasione di imparare come costruire delle conversazioni orientate verso il partner, di considerare il rapporto con i partner comunicativi e di evitare face threatening acts (cfr. Goffman).

Il mio progetto didattico prevede l'elaborazione di un modello di formazione linguistica in grado di fornire agli studenti gli strumenti per colmare le lacune nell’”esprimersi e nel comunicare nella lingua straniera”. Questo modello dovrà inoltre sensibilizzare gli studenti di madrelingua italiano alle differenze nell'uso della lingua nei diversi ambiti culturali e linguistici, quali il tedesco e l'inglese.
L'analisi del discorso è la disciplina che si occupa (tra l'altro) di aspetti legati all'interazione, comprensione ed elaborazione di aspetti della lingua parlata. Inoltre prevede lo studio delle differenze culturali che interferiscono nella comunicazione interculturale: "Partecipanti ad un discorso usano metodi tipici, culturalmente (più o meno) diffusi, vale a dire riconoscibili per altri, con i quali costruiscono e interpretano i loro contributi (…)" (Deppermann 2001, 8[3])
Se consideriamo "il turno di parola"[4], cioè come i partecipanti di una conversazione prendono la parola, è facile riscontrare delle differenze culturali; per es. in Italia l'interrompere gli altri è visto come un metodo relativamente neutrale, mentre in altri ambiti culturali può essere considerato aggressivo (cfr. Balboni 1999). Per gli svizzeri tedeschi è considerato cortese lasciare una breve pausa dopo ogni intervento, di conseguenza i parlanti della repubblica federale tedesca possono risultare "unpolite". E' evidente che ognuno parte con la sua conoscenza e la sua "normalità" che non è normalità nell'altro mondo culturale.

Il modello didattico che propongo si basa su un'alternanza tra immersione (Ricci Garotti 1999) e awareness. Gli studenti si “immergono in un bagno linguistico” nel quale raggiungono "isole" che facilitano la riflessione sulla lingua. Intendo dire che dopo un contatto con l'altra lingua ci sono dei momenti per elaborare ulteriormente le ipotesi, fissando quelle giuste e respingendo quelle sbagliate attraverso la discussione con il peer e successivamente con l'insegnante.

Analogamente al processo di apprendimento della prima lingua non si è coscienti delle regole grammaticali, ma si impara imitando e elaborando l'input linguistico. Nell'apprendimento della lingua straniera si può far riferimento a questa esperienza vissuta con la madrelingua, poichè "la capacità dell'apprendimento linguistico dell'essere umano non si limita al monolinguismo ma è concepita per il plurilinguismo (…)" (Wode 1995, 34[5]). Infatti non si può non considerare che gli studenti spesso hanno studiato o stanno studiando varie lingue come il francese, l'inglese, il tedesco, lo spagnolo ecc. e che questo influisce sul loro apprendimento.[6]

2. Realizzazione didattica
Un possibile modello didattica può rifarsi a una esperienza che ho elaborato nel nell'ambito dell'insegnamento del tedesco come lingua straniera e che ha dato risultati positivi. Sarà ancora da accertare se e come le difficoltà di apprendimento variano tra una lingua e l'altra; dopo di che sarà da verificare se il deficit nella capacità comunicativa è più accentuato per il tedesco (come suppongo) come lingua straniera.

Nella prima fase della ricerca si osservano fenomeni come “il turno di parola”, “l'attività di feedback” ecc., attraverso l’uso di audiovisivi di lingua tedesca, inglese e italiana. Questo servirà per trovare ed esplicitare le analogie e differenze tra le tre lingue in oggetto. In questa fase si possono elaborare delle trascrizioni di discorsi in lingua che permettono di approfondire lo studio dei vari fenomeni. Gli studenti sono esposti ad una quantità di input che sarà la loro fonte per "interiorizzare" e apprendere delle strutture che successivamente useranno in esercitazioni pratiche come giochi di ruolo, esercizi comunicativi, simulazioni, tecnica dello "scenario" ecc.

Da questionari somministrati agli studenti ho notato come essi tendano a dichiarare che i giochi di ruolo e le simulazioni di contesti comunicativi siano i metodi che li aiutano ad essere più sciolti nel comunicare con gli altri. Nel gioco linguistico viene superata la passività che è a volte tipica nella relazione studente/insegnante Non vedono l'insegnante come un continuo strumento di controllo dato che anche lei o lui è coinvolto nel gioco. In particolare si supera la ricerca della correttezza (con le inibizioni che comporta in fase di produzione linguistica) in ragione di una maggiore produzione (fluency).

Nelle simulazioni viene stimolata una partecipazione emotiva dato che i partecipanti non ricostruiscono razionalmente ma sono coinvolti in prima persona. Gli studenti vivono direttamente attraverso la reazione dei loro interlocutori le conseguenze prodotte dalle loro azioni. I partecipanti si identificano con il loro ruolo, si contraddicono, interrompono ecc. La volontà di parlare è cosi forte che dimenticano la paura e l'inibizione che di solito è dominante. Gli studenti non sono più tenuti a rispondere a una domanda dell'insegnante ma sono attivati per esprimersi con tutto ciò che sanno sulla comunicazione e le strategie comunicative sia verbalmente che non verbalmente.

La fase successiva prevede la riflessione sul proprio comportamento comunicativo per accrescere la coscienza di se stessi. Solo dopo che una persona si è resa conto di come si comporta interagendo, può eventualmente decidere di cambiare il suo modo di comunicare. La tecnica dell'acquario, il team di osservatori, i protocolli di apprendimento sono strumenti utili per fissare e elaborare questa self-awareness. La ripresa degli studenti e la successiva trascrizione dei loro interventi può essere un altro metodo per interpretare, commentare e discutere il loro comportamento comunicative nelle varie lingue. Del resto si evidenziano dei "tranelli" interculturali, vale a dire, dei comportamenti che potrebbero essere fonte di malinteso, dato che variano da un ambito linguistico all'altro.

4. Risultati attesi
I deficit nell'ambito dell'espressione orale lamentati dagli studenti di lingua sono emblematici per la formazione linguistica istituzionalizzata: abbiamo degli studenti bravi nella lettura e nello scritto che spesso non dispongono di strumenti per affrontare le varie situazioni comunicative. Il metodo descritto, favorendo l’interattività, crea dunque continuamente scambi in cui gli studenti sono costretti a mettersi alla prova in situazioni comunicative. L'apprendimento linguistico è contestualizzato attraverso la somministrazione di audiovisivi: gli studenti imparano in quale contesto si usano certe espressioni, quali sono i parametri culturali nei quali un comportamento comunicativo si manifesta. Il confronto tra inglese, tedesco e la madrelingua italiano è estremamente utile per aumentare la sicurezza nell'usare gli elementi appresi in situazioni di comunicazione sempre nuove. In futuro si potrebbe ampliare il progetto anche a gruppi di studenti di madrelingua inglese o tedesco per mettere a confronto le esperienze da punti di vista diversi.

4. Esempio di moduli didattici[7]

4.1. Discussione e riflessione introduttiva sull'argomento comunicazione

Il corso si occupa di comunicazione e ha l'obiettivo di ampliare la varietà del comportamento comunicativo degli studenti, se nonché diventare autocritico a riguardo il proprio stile di comunicare. Il termine comunicazione è ormai diventato un concetto talmente logoro che sembra quasi privo di significato, per questo osserviamo alcune definizione di comunicazione:

a. comunicazione come comportamento naturale dell'essere umano
b. comunicazione come capacità esteriore o tecnica
c. comunicazione come parte ed espressione d'identità personale
(Brünner et al. 1999, 19[8])

Gli studenti leggono queste definizioni e discutono le loro opinioni a riguardo. Ogni interpretazione ha conseguenze diverse: Se viene considerato comportamento naturale non si prevede la possibilità di cambiare il proprio comportamento, supposto come innato, nella situazione comunicativa. Se è visto piuttosto come tecnica, risulta che si può imparare il comportamento comunicativo facendo esercizi e allenamenti. Se si prende invece in considerazione l'ultima definizione si costata che ogni cambiamento della propria comunicazione è legata a processi complessi e spesso lunghi nel tempo.[9]

4.2. Riscaldarsi con il talkshow "Nachtcafe"

Per avvicinarsi all'argomento l'insegnante scrive il titolo del talkshow alla lavagna: "Zwischen Exzess und Askese. Der Traum vom erfüllten Leben."[10]
Il compito per gli studenti che si sono suddivisi in gruppi prevede un brainstorming sull'argomento del talkshow. Quest'esercizio cerca di connettere il mondo degli studenti con il contenuto dello show, dovrebbero "immaginarsi" qualcosa, farsi un idea. Non è importante di indovinare cosa ci sarà ma di mettersi col maggior numero d'associazioni possibili nell'ottica di quello che potrebbe avvenire. In seguito i vari gruppi presentano le loro idee sull'argomento: bodybuilding e corpo, buddismo e new age, droghe e alcool, meditazione, cibo biologico, ecc. Successivamente si procede alla visione della trasmissione che inizia con un inchiesta sulla strada "Cosa è per Lei una vita felice? Cosa ne pensa degli eccessi e dell'ascetismo?" Il video si accende e tutti vedono e sentono le interviste che sono veloci e durano solo alcuni secondi. Dopo gli studenti hanno occasione di scambiarsi con il/la partner, gli elementi verbali e nonverbali che hanno visto o capito o interpretato. L'insegnante intanto non interferisce, la visione si ripete per altre tre, quattro o cinque volte a secondo del livello del gruppo.

Solo alla fine si chiarisce quanto detto e gli studenti correggono le loro ipotesi. Nella prossima fase gli studenti diventano gli intervistatori o gli intervistati dato che si fanno le stesse domande del video a vicenda. Possono rispondere sul livello personale e imitare, negare e variare il modello del video che è la fonte per la loro espressione orale.

Il seguente esercizio prevede di elaborare in gruppi una lista d'invitati per il talkshow: per es. un monaco tibetano…. Il video si accende un'altra volta e il talkshow vero e proprio inizia, il moderatore presenta gli invitati e gli studenti hanno il compito di verificare in quanto le loro idee erano giuste. Confrontano quindi le loro ipotesi e le correggono. Alla fine gli studenti avranno una lista dei nomi e delle professioni degli invitati. Il compito (da svolgere a casa) è di cercare tramite un motore di ricerca, come per es. google.de, le persone ospiti dello show e di presentare le informazioni riscontrate.

4.3. Dalla teoria alla pratica
4.3.1 Il turno di parola

Dopo quest'introduzione nell'argomento del talkshow televisivo proposto si osservano alcuni fenomeni studiati dell'analisi del discorso per riflettere sul comportamento comunicativo degli studenti e per migliorarlo. Il primo aspetto preso in considerazione è il "turno di parola" (ing. turn-taking); per spiegare il fenomeno gli studenti ricevono la seguente citazione sul turn-taking.

"Come ci riusciamo sempre (senza sapere bene come, e senza fatica o concentrazione visibile) ad avanzare in grandi folle su marciapiedi imballati, senza scontrarci continuamente con altri passanti oppure imbrigliarci nelle borse della spesa degli altri, cosi ci riesce normalmente anche in una conversazione di 'andare avanti' in qualche modo senza urtarci verbalmente." (Linke et al. 2001, 264[11])

Nella conversazione tra più partecipanti si può osservare, come sono distribuiti i turni di parola, vale a dire come si coordinano tra di loro per parlare:

- interrompono (può essere interpretato come aggressione, ma non è detto, dipende dalla cultura);
- dopo pausa o silenzio (se si crea un silenzio troppo lungo po’ essere sgradevole, può essere interpretato come scarso interesse);
- parlano contemporaneamente, in parallelo (succede spesso verso la fine del discorso di una persona)
- con o senza "gap" (cioè dopo breve pausa o senza pausa).

E' chiaro che in un talkshow dove è presente un moderatore il turno è fortemente controllato da lui o lei, dato che è la funzione del moderatore di distribuire i turni tra i vari invitati. Nonostante ciò, ci sono momenti di scambio libero nei quali le persone prendono la parola di propria iniziativa e/o interrompono un'altra persona.

Nella fase successiva gli studenti sono attivati ad osservare nel video come il fenomeno del turn-taking si manifesta. Durante la visione hanno a disposizione la seguente tabella:

Tabella
turno di parola invitato1 invitato2 invitata3 invitata4 invitato5 invitata6
____________________________________________________________________________
attraverso
il moderatore
____________________________________________________________________________
attraverso
iniziativa
propria, con
o senza 'gap'
____________________________________________________________________________
interrompe
e ha successo
____________________________________________________________________________
parla
parallelamente
____________________________________________________________________________
chiede il
moderatore
di parlare
____________________________________________________________________________
tentativo di
interruzione
ma senza
successo

In seguito si creano gruppi di sei persone, ogni studente ha il compito di scegliere un ospite diverso e osservarlo attentamente annotando nella tabella quante volte ha interrotto, chiesto al moderatore di parlare, ecc.

Il prossimo passo riguarda la produzione da parte degli studenti, siccome uno degli obiettivi del corso è "comunicare partecipando a delle conversazioni o discussioni". Gli studenti hanno chiarito in precedenza quali tipi di affermazioni e opinioni un ospite in specifico esprime, ora devono entrare nella sua la sua "parte" e interpretarla nel gioco di ruolo. Non è importante che riproducano i contenuti ma è essenziale che imitino il suo comportamento riguardo al turn-taking: Come si è comportata/o? Ha interrotto gli altri ? Come? Alzando la voce? Gesticolando? Piegandosi in avanti?

Il gioco di ruolo si svolge con l'insegnante o un/a partecipante al corso come moderatrice che fa domande provocatorie, le persone sono comunque scelte in modo tale da creare facilmente delle contrapposizioni. Ognuno è naturalmente invitato a partecipare attivamente al gioco e di prendere l'iniziativa a secondo del suo modello nello show vero.

Contemporaneamente al gioco di ruolo è presente un altro gruppo di studenti che funge da osservatori: ogni studente ha un osservatrice che prende appunti su come si "comporta" nel gioco di ruolo. Dopo il gioco gli osservatori riferiscono quali aspetti hanno notato e se il partecipante è riuscito a prendere la parola, a interrompere come il suo modello del talkshow. Anche i partecipanti stessi spiegano come si sono sentiti, dove devono migliorarsi, dove hanno delle difficoltà. Spesso analizzono le cause del successo mancato: per esempio "parlo troppo piano", "ho paura di offendere l'altro se interrompo", ecc.

Nell'ultima fase si riflette sulle differenze culturali che si riscontrano a secondo del fenomeno esaminato. In un brainstorming gli studenti hanno raccolto tanti elementi sulle differenze che hanno notato guardando il talkshow tedesco. Dato che tutti hanno presente come si svolgono i talkshow italiani, hanno espresso quasi unanime che nei talkshow italiani si parla molto più spesso contemporaneamente, si interrompe di più e si gesticola di più. Nei talkshow italiani non aspettare finché la persona che ha il turno di parola ha terminato il suo intervento non è considerato scortese, è una pratica normale che di solito non viene considerato come grave trasgressione o aggressione.

Si potrebbe approfondire l'argomento tramite la visione di alcuni talkshow italiani. L'importante è che lo studente diventi cosciente del fatto che esistono delle differenze, e che si rende conto che in contesti culturali diversi può facilmente trovarsi in situazioni nelle quali il suo comportamento non è adatto o viene considerato scorretto. E' necessario che identifichi prima le diversità e che impari come affrontare la situazione nuova.

5.3.2. L'attività di ascolto

Vorrei aggiungere un altro esempio che si occupa del feedback, ovvero dell'attività di ascolto. Il ruolo di chi ascolta non è passivo come si potrebbe supporre, ma dispone di attività ben precise. Queste attività si chiamano di solito back-channel-behavior oppure segnali di feedback. Le espressioni verbali e nonverbali che gli studenti dovrebbero identificare durante la visione del talkshow sono i seguenti:

- contatto visivo
- postura, cioè il corpo è rivolto verso chi parla
- gesti
- annuire con la testa o scuotere la testa
- mimica, ridere e sorridere
- segnali di feedback come mmh, si, già.
- commenti come davvero, appunto, esatto, dai

Se colui o colei che ascolta non dà questi segnali la comunicazione può essere messa in crisi oppure addirittura interrotta. Il seguente esempio tratto da un'analisi del Maurizio Costanza Show mostra come "(…) Maurizio Costanzo rende esplicita la propria posizione di potere: Egli infatti, si colloca sempre alle spalle degli ospiti, potendo così monitorare l'intera scena. Questa posizione mette in soggezione gli ospiti che, non potendo riconoscere le operazioni di feed-back; tendono a voltarsi continuamente indietro alla ricerca di segnali di approvazione o dissenso." (Prete et al. 1999/2000).

Per provare queste affermazioni gli studenti fanno il seguente "test": Si creano due gruppi di numero uguale, tutti membri di un gruppo ricevono tramite biglietti istruzioni a comportarsi da "pessimi ascoltatrici"; questo significa che non devono sorridere, guardare l'altro negli occhi, annuire ecc. L'altro gruppo deve invece comportarsi all'incontrario. Successivamente si creano delle coppie secondo il principio del caso. Il compito è: Parlate per tre minuti con il vostro partner di un argomento qualsiasi: prima parla una e l'altro ascolta, dopo tre minuti c'è cambio!

Successivamente tutti raccontano la loro esperienza: "Avevo la sensazione che lei o lui (non) mi ascoltasse perché…..". Tramite questo esercizio gli studenti si rendono conto che l'ascolto è una vera e propria attività che influisce sull'andamento della conversazione. Colui che sta parlando si fa l'esperienza di quanto è importante il feedback con "hm" o "si" tramite il quale colui che ascolta segnala che è attento. Il feedback dà la conferma delle conseguenze della propria affermazione, quando manca si suppone una difficoltà, un problema nel processo della comunicazione. Se l'altro non da nessun segnale di feedback la conversazione viene troncata, oppure si chiede, se la persona sta ancora ascoltando. Il ruolo attivo diventa evidente e ha un impronta più globale tramite l'esperienza concreta dell'esercitazione.

Per concludere si osserva una sezione del talkshow e gli studenti analizzano i segnali di feedback degli ospiti del talkshow, cercano di interpretare la loro attitudine verso colui o colei che parla. Per esempio la mimica di una persona che corruga la fronte vuole spesso esprimere un dubbio o dissenso nei confronti di chi parla. Questo esercizio è utile soprattutto per studenti di lingua che osservando il comportamento nonverbale possono captare il senso generale del discorso. Del resto è comunque sempre importante osservare gli altri, mentre si parla, per capire come il nostro discorso viene recepito.

Si potrebbe aggiungere di nuovo una fase di confronto tra il feedback tipico dell'area di lingua tedesca e quello usato dai parlanti di lingua italiana.

6. Conclusioni

Alla fine del corso nel quale sono stati trattati altri argomenti dell'analisi del discorso, come la rappresentazione di se stessi, i ruoli e lo status, la lingua e il genere ecc. tutte le partecipanti del corso compilono il seguente questionario con il quale si vuole verificare l'andamento dell'apprendimento degli studenti.

Questionario finale corso "Talkshows e analisi del discorso"
Da compilare individualmente e anonimamente!

1. In quale ambito ha imparato di più?
a. ascoltare
b. parlare: partecipare a una conversazione
c. parlare in modo coerente
d. leggere
e. scrivere

2. Quale vorrebbe migliorare?
a. ascoltare
f. parlare: partecipare a una conversazione
b. parlare in modo coerente
c. leggere
d. scrivere

3. Perché non è sul livello desiderato? ____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

5. Quali argomenti del corso Le hanno interessato particolarmente?
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6. Quali metodi Le hanno aiutato soprattutto?
a. Presentazione riguardo agli argomenti teorici dal campo dell'analisi del discorso
b. Osservazione del video "Nachtcafé" e Literarisches Quartett"
c. Gioco di ruolo
d. Osservazione di altri partecipanti
e. Esercitazioni pratiche di comunicazione
f. Discussione nel plenum
g. Riflessione sul proprio comportamento di comunicazione
h. Confronto con talkshow italiano
i. Altro: __________________________________________________________________

7. Che cosa vuole imperare nel prossimo semestre?
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Dall'inchiesta risulta che circa l'ottantacinque percento dei partecipanti vorrebbe migliorarsi ulteriormente nel parlato. L'espressione orale è per quasi tutti al primo posto ma è spesso la capacità che viene trascurata di più nel insegnamento tradizionale del tedesco.


Bibliografia

Balboni Paolo (1999), Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia
Deppermann Arnulf (2001), Gespräche analysieren, Leske + Budrich, Opladen
Henne Helmut/Rehbock Helmut (1982), Einführung in die Gesprächsanalyse, de Gruyter, Berlin
Hornung Antonie (2002), Zur eigenen Sprache finden, Niemeyer, Tübingen
Linke Angelika /Nussbaumer Markus /Portmann Paul R. (2001), Studienbuch Linguistik, Max Niemeyer, Tübingen
Prete Elisabetta/Bregolin Maria Chiara/Zovadelli Arianna (1999-2000) Il talk show televisivo,
Link: www.comunicazione.lettere.unipd.it/_old/off/ursini/1234.htm
Ricci Garotti Federica a cura di (1999), L'immersione linguistica. Una nuova prospettiva, Franco Angeli, Milano
Wode Henning (1995), Lernen in der Fremdsprache, Grundzüge von Immersion und bilingualem Unterricht, Hueber, Ismaning

Materiale video

"Nachtcafé: Zwischen Exzess und Askese. Der Traum vom erfüllten Leben" mit Moderator Wieland Backes, 2002 -SWR
[1] Corso di studio previsto dalla Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Modena (cfr. anche Hornung 2002)
[2] Sito web: http://culture.coe.int/lang 2000 Conseil de l'Europe, Strasbourg, France

[3] trad. dell'autrice
[4] Alcuni altri elementi di analisi sono: il turno di parola o turntaking, il ruolo del parlante e l'attività di feedback, il comportamento non verbale, le aperture e chiusure del discorso. Altri concetti collegati che riflettono le differenze a analogie culturali sono: la cortesia, l'uso dell'umorismo e dell'ironia, i taboo, ecc.

[5] trad. dell'autrice
[6] Tutti gli studenti del corso "LeCE" che studiano il tedesco studiano anche l'inglese ed ev. una terza lingua come per es. il francese o lo spagnolo.
[7] I moduli didattici presentati si limitano per adesso al confronto tra italiano (madrelingua) e tedesco (lingua straniera).
[8] trad. dell'autr.
[9] La discussione presenta l'occasione per una prima riflessione che aiuta gli studenti ad avere più chiarezza sulla loro attitudine. E' evidente che colui che non accetta dentro di se che un cambiamento sia possibile, dato che lei o lui non crede nella possibilità di poter imparare un agire comunicativo in un'altra lingua, non avrà tanti benefici dal corso. Dall'altra parte bisogna far capire che delle aspettative molto alte non saranno soddisfatte dal momento che il comportamento comunicativo non può essere modificato o manipolato a piacere. L'obiettivo è piuttosto di diventare più coscienti verso i processi e meccanismi che si verificano quando comunichiamo e di venire a contatto con delle alternative.
[10] "Tra ascetismo ed eccessi: Il sogno di una vita felice."

[11] trad. dell'autr.

Auf der Suche nach Deutschsprachigen. Sprechwilligkeit und –fähigkeit in DaF-Unterricht durch Projektunterricht fördern

- 1. Wie kann das Sprechen durch Projektunterricht gefördert werden
Italienische Studierende haben auch nachdem sie Jahre lang Deutsch gelernt und studiert haben, noch Probleme sich mündlich auf Deutsch auszudrücken. Ich habe daher einen Kurs konzipiert, dessen Ziel es ist, Studierende, die oft Sprechhemmungen und –barrieren haben, zum Sprechen zu bringen. In dem Kurs soll die Mehrsprachigkeit der Lernenden berücksichtigt werden, da alle DaF-Studierende des Studiengangs Lingue e Culture Europee der Universität Modena neben Deutsch Englisch studieren und meist noch eine dritte oder vierte Sprache lernen bzw. können (auch als Muttersprache). Das Europäische Sprachenportfolio (im folgenden ESP) baut auf dem Konzept der Mehrsprachigkeit auf und kann daher im Unterricht eingesetzt werden.
In dem Kurs, in dem die Studierenden zum Sprechen kommen sollen, werden anhand von Projekten über den Kursraum hinaus Kontakte mit Deutschsprachigen/m hergestellt, so dass sich ‚kommunikative Ernstfälle’ ergeben, die die Lernenden in die Sprache eintauchen lassen. Projektunterricht ist nach einer Definition von Legutke (2003) eine „offene und themenzentrierte Unterrichtsform, die ein hohes Maß an Selbstverantwortung und Mitbestimmung der Lernenden erlaubt“ und eignet sich daher insbesondere für den hochschulischen DaF-Unterricht mit jungen Erwachsenen, die ihren Lernprozess autonom vorantreiben sollen.

Didaktische Realisierung
Zunächst schätzen sich die KursteilnehmerInnen auf dem Raster der Fähigkeiten des ESP selbst ein, das Sprechen ist dabei in „zusammenhängend sprechen“ und „sich an Gesprächen beteiligen“ aufgeteilt. Die Mehrheit der Modeneser Studierenden gibt an, beim Sprechen auf einer niedrigeren Stufe zu stehen als in den anderen Kompetenzen. Dies geht auf verschiedene Gründe (Sprechhemmungen und –angst, Lerntradition siehe Fischer 2005 und 2006) zurück, die ich an dieser Stelle nicht vertiefen kann. Im folgenden soll jedoch aufgezeigt werden, wie der Kurs „Auf der Suche nach Deutschsprachigen/m“, der die Studierenden anhand von Projektunterricht zum Sprechen bringt, strukturiert ist und welche Ergebnisse damit erzielt werden können.
Im Anschluss den Kurs „Mehr kommunikative Kompetenz durch Talkshows im DaF-Unterricht“ (siehe Fischer 2003), dessen Ziel es ist, die Studierenden mit den wichtigsten Themen der Gesprächsanalyse anhand von Videobeispielen, die analysiert, nachgespielt und reflektiert wurden, vertraut zu machen und zum Sprechen zu bringen, habe ich den Studierenden im Sommersemester 2004 einige Projekte zur Auswahl gestellt. Alle Projektvorschläge haben mit gesprochener Sprache zu tun und zielen darauf ab, die Lernenden mit authentischem „Material“ in Kontakt zu bringen[1]. Die Projekte werden jeweils in Gruppen bearbeitet und anschließend im Kurs vorgestellt.
Das Projekt sieht vor, deutschsprachige MuttersprachlerInnen zu Themen der Interkulturalität zu interviewen oder Audio- bzw. Videomaterial nach bestimmten Aspekten gesprochener Sprache zu analysieren. Folgende Themen stehen zur Auswahl:

Kursthemen
- Interviews mit deutschsprachigen Erasmusstudierenden oder deutschsprachigen TouristInnen über interkulturelle Missverständnisse (critical incidents),
- Interviews mit Deutschsprachigen, die in Modena und Umgebung wohnen: Leben in einer fremden Kultur zwischen Identifikation und Abgrenzung,
- Interviews mit deutschsprachigen Übersetzerinnen/DolmetscherInnen oder StadtführerInnen über den beruflichen Alltag zwischen zwei Sprachen,
- Interviews mit deutschsprachigen KünstlerInnen oder SchriftstellerInnen, die sich gerade in Italien aufhalten und mit Italien beschäftigen, z.B. Uwe Timm,
- Interviews mit deutschsprachigen LektorInnen und LehrerInnen über differente Lern- und Lehrstile bzw. Lerntraditionen,
- Interview mit Deutschsprachigen, die in deutsch-italienischen Firmen arbeiten und sich nur befristet in Modena aufhalten (z.B. deutsche Ingenieure bei Lamborghini),
- Hörmaterial von Lehrbüchern im Hinblick auf Aspekte der Gesprächsanalyse analysieren und vorstellen, z.B. wie sieht der Sprechwechsel aus? Vergleich mit authentischem Material,
- Männer- bzw. Frauensprache anhand Talkshows mit männlichen und weiblichen Gasten: Vergleich der Redeanteile, Wortvergabe,
- Vergleich italienische Talkshow deutsche Talkshow: Sitzordnung, Wortvergabe, Hörfeedback, nonverbales Verhalten,
- Eigene Ideen?

Die LernerInnen suchen sich je nach Niveaustufe (zwischen A2 und C1) und Risikobereitschaft ein Thema aus, die Interviews mit Deutschsprachigen waren dabei sehr beliebt. Begegnungsprojekte wie z.B. Interviews mit Deutschsprachigen, bieten Möglichkeiten zur Thematisierung von Fremdverstehensprozessen und zur Entwicklung von Fremdverstehensfähigkeit (Edelhoff /Liebau 1988 zit. nach Legutke 2003). Der Erwerb der berühmten interkulturellen Kompetenz wird hierbei als ein Prozess gesehen, dessen Ziel Horizontverschmelzung ist. In einem hermeneutischen, interkulturellen Ansatz bedeutet Horizontverschmelzung nicht Eliminieren oder Verwässern verschiedener Horizonte, vielmehr soll das Kriterium ‚Distanz’ das trennende bzw. verbindende Fremdheit der beteiligten Kulturen deutlich macht, als produktive Komponente in den Ansatz eingebracht werden (Roche 2001, 46f). Doch auch die Beschäftigung mit Audio- und Videomaterial kann interkulturelle Kompetenz fördern, da Wortvergabe, Sprechwechsel oder z.B. Hörfeedback in italienischen Gesprächen anders ablaufen als in deutschsprachigen. Um sich an Gesprächen deutschsprachiger MuttersprachlerInnen zu beteiligen ist es daher wichtig, diese Aspekte genauer kennen zu lernen.

Alle Gruppen durchliefen fünf Aktionsphasen, die im Folgenden kurz skizziert werden.
Vorbereitung
Nachdem sich die Gruppe konstituiert hat[2], muss sie in der metakommunikativen Phase der Vorbereitung einige Entscheidungen treffen. Die Projektgruppe diskutiert, wer die zu interviewende Person kontaktiert,[3] welche Fragen gestellt werden, wer sich um welches technische Detail kümmert, usw. Die Kooperation der Gruppe[4] sowohl im Unterricht als auch außerhalb des Unterrichts untersteht im Sinne eines Konzeptes der Mehrsprachigkeit dem Motto „soviel Deutsch wie möglich und soviel Italienisch (oder andere Sprachen) wie nötig“. Im Hinblick auf eventuelle Sprechhemmungen hilft diese Möglichkeit, Barrieren zu überwinden. Es geht nicht darum, grammatisch perfekte Sätze zu konstruieren, sondern zu kommunizieren, sich verständlich zu machen. Studierende sprechen darüber hinaus lieber in der Gruppe als beispielsweise vor dem Plenum, da sie sich dort nicht beobachtet und bewertet fühlen. Die Gruppenmitglieder helfen und korrigieren sich dabei gegenseitig und lernen voneinander (siehe „Co-Lernen-Prinzip“ Knapp-Potthoff 1994).
Durchführung
In dieser Phase filmt und interviewt die Gruppe beispielsweise die deutschsprachige Person, wobei Gesprächsstrategien wie ein Gespräch aufrechterhalten, nachfragen, zusammenfassen eine Rolle spielen. Der ‚Ernstfall’ tritt ein, zumal die InterviewerInnen durch die Aufnahme des Gesprächs dazu gezwungen sind, sich der Kommunikationssituation auf Deutsch zu stellen. Verschiedene Interviewtechniken werden eingesetzt, es können beispielsweise Leitfadeninterviews (Schmidt 2000) oder narrative Interviews (Lucius-Hoehne/Deppermann 2002) durchgeführt werden, so dass Studierende Verfahrensweisen kennen lernen, die sie für eigene Forschungsarbeiten gebrauchen können. Die Studierenden des Sommersemsters 2004 interviewten beispielsweise ÜbersetzerInnen, die aus ihrem Berufsalltag berichteten oder Deutsche, die seit Jahrzehnten in Modena leben und die über ihre Entscheidung, nach Italien zu gehen und ihr Leben als AusländerInnen befragt wurden. Erasmusstudierende erzählten von interkulturellen Missverständnissen. Einige Gruppen haben diese Personen in den Unterricht eingeladen, so dass auch die anderen KursteilnehmerInnen Gelegenheit hatten, Fragen zu stellen, bzw. gemeinsam zu diskutieren.
Nachbereitung
In dieser Phase wird das Interview ausgewertet. Dies kann anhand einer Transkription des gesprochenen Textes geschehen, was auf den ersten Blick als Schikane wirken kann. Transkribieren nimmt bekanntlich viel Zeit in Anspruch. Die Studierende sagen aber selber, dass sie von dem wiederholten Anhören von Audio- oder Videomaterial profitieren und sich Strukturen und Satzmelodien einprägen.
Eine andere Möglichkeit der Auswertung betrifft das Codieren, Leitfadeninterviews können beispielsweise anhand eines Codierleitfadens verschlüsselt und interpretiert werden (zum Verfahren siehe Schmidt 2000).
In dieser Phase müssen die Studierenden zudem einige didaktische Überlegungen anstellen. Sie müssen entscheiden, welche Teile und Aspekte dem Kurs vorgestellt werden und welche Aufgaben bzw. Übungen das „Publikum“ lösen soll. Es ist wichtig, sich darüber Gedanken zu machen, was für alle relevant ist, was alle „mitnehmen sollen“. Zur Besprechung des Konzeptes kommen die Lerngruppen in die Sprechstunde und diskutieren ihre Ideen mit mir. Eventuelle Unsicherheiten können geklärt werden und ich stelle meine didaktische Erfahrung zur Verfügung und berate die Gruppe im Hinblick auf die Vorstellung im Kurs.
Präsentation
Das Projekt wird schließlich im Kurs vorgestellt, und die Gruppenmitglieder sind dazu gezwungen, sich sprachlich vor dem Kurs zu äußern und eventuelle Sprechhemmungen oder –ängste zu Überwinden. Da es möglich ist, sich auf den Vortrag eingehend zu hause vorzubereiten, sich Stichwortkonzepte auszuarbeiten und mit der Gruppe einzuüben, erscheint die Aufgabe jedoch weniger beängstigend. Im Anschluss an die Präsentation übernimmt die Gruppe die Gesprächsführung und verteilt Übungen an den Kurs: Sie leitet die KommilitonInnen bei der Durchführung derselben an, vergibt das Wort und koordiniert die Beiträge der einzelnen KursteilnehmerInnen. Die vorstellende Gruppe vollzieht dadurch Sprechakte, die im üblichen Unterricht der Lehrperson unterstehen, und wird so auf verschiedene Kommunikationssituationen vorbereitet (siehe Projekt „Lernen durch Lehren“ Martin 1996).
Reflexion
Die fünfte und letzte Phase betrifft die Evaluation und Reflexion, gemeinsam mit der Lehrperson wird nach dem Unterricht in der Gruppe besprochen, was gut lief und in welchen Bereichen (Vorbereitung, Vortrag, Interaktion mit dem Kurs etc.) noch Verbesserungen notwendig sind. Die Fragestellung „Was ist Ihrer Meinung nach gut gewesen? Woran sollten Sie noch arbeiten?“ hat sich meiner Erfahrung nach als nützlich erwiesen, um die Studierenden selbst im Gespräch zur Reflexion anzuregen. Bei Lernenden, deren Selbstwahrnehmung stark von der Fremdwahrnehmung abweicht, kann als Technik das Beobachterteam eingesetzt werden. Jede Vortragende bekommt eine oder mehrere BeobachterIn/nen zugewiesen, die der/demjenigen anschließend Feedback gibt. Um das Feedback konstruktiv zu gestalten, erhalten die BeobachterInnen eine Liste mit einigen Punkten, die sie beachten sollen[5]:

Beobachtungsbogen:
Inhalt: Aufbau, Logik angemessen?
Sprache: Wortwahl kompliziert- einfach-konkret? Satzbau klar- verschachtelt? Grammatik(Verstöße)?
Sprechen: Artikulation präzise- undeutlich/unsicher? Intonation monoton-ausdrucksstark? Tempo schnell-langsam, Pausen?
Hörbezug: für sich gesprochen - zu den ZuhörerInnen geredet (Blickkontakt, Raumverhalten)?
Redevorlage: übersichtlich – zu viel Text?
Konzeption: Abstimmung der einzelnen Teile in Bezug auf die gesamte Präsentation?
Medien /Präsentationsmaterial: zweckmässig - ausreichend- ansprechend?
(adaptiert nach Roland Forster, Beitrag Sektion F2, IDT Graz 2005)

Bei der nonverbalen Kommunikation, also Blickkontakt, Körperhaltung und Raumverhalten einer Person, sollte man mit Kritik vorsichtig sein. Bewertungen werden leicht als Kritik an der Person missverstanden, da beispielsweise die Körperhaltung Ausdruck der Identität einer Person ist und nicht beliebig veränderbar ist. Diese Punkte können angesprochen werden, es sollte jedoch im Rahmen eines Peergesprächs oder in einer kleinen Gruppe, die sich kennt und Vertrauen zueinander hat, geschehen.
Am Ende des Kurses schätzen sich alle KursteilnehmerInnen erneut auf dem Raster des Sprachenportfolios im Bereich Sprechen ein, um zu sehen, ob sie sich ihrer Meinung nach verbessert haben.

Schlussbemerkung
Die Auswertung der Selbsteinschätzungen der KursteilnehmerInnen des Sommersemesters 2004 nach dem ESP hat ergeben, dass die Mehrheit der Studierenden am Ende des zweiten Semesters das Gefühl hatte, sich im Sprechen verbessert zu haben. Diese Selbsteinschätzung stimmt auch mit der Einschätzung der Lehrenden (zwei Lektorinnen) überein, so dass es sich nicht nur um eine subjektive Wahrnehmung eigener vorhandener oder nicht vorhandener Fähigkeiten handelt.
Die oben geschilderte Art des Unterrichts erlaubt es den Lernenden, sich über den Unterricht hinaus viele Stunden mit dem gesprochenen Deutschen zu beschäftigen. In Italien ist es nicht so einfach mit Deutsch in Kontakt zu kommen, dank der Interviews hatten die Studierenden Gelegenheit z.B. Erasmusstudierende aus Deutschland, Österreich und Schweiz kennen zu lernen und mir wurde berichtet, dass diese Kontakte sogar zu Freundschaften führten. Aber auch die Verwendung aktuellen Audio- bzw. Videomaterials bringt die Lernenden dazu, sich mit authentischem Sprachgebrauch auseinanderzusetzen.
Auf der Ebene der Motivation erleben Studierende Material und Aufgaben, die von KommilitonInnen oder ihnen selbst produziert und aufgearbeitet werden, als anregender als häppchenweise vorgegebene Dialoge aus Lehrwerken, die die interessante Arbeit vorwegnehmen. Die erstellten Interviews, Transkriptionen, Übungen und Analysen können außerdem auf die Webseite des Sprachenzentrums oder ins selfaccess bzw. autoapprendimento gestellt werden, um auch anderen Lernenden zur Verfügung zu stehen.
Neben den Interviews stellten einige Gruppen Untersuchungen von didaktischem Hörmaterial an, analysierten Talkshows nach gesprächsanalytischen Aspekten oder verglichen italienische mit deutschen Gesprächsrunden, was zu interessanten Resultaten führte. Es ging stets darum, eine echte Frage zu haben, die anhand der Untersuchung beantwortet werden konnte, so dass sich ein Bezug zum forschenden Lernen, das dem Niveau von Universitatsstudierenden angemessen ist, ergibt. Lernende werden dadurch Subjekt ihres Lernprozesses und erwerben nicht nur neues Wissen, sondern auch Verfahrensweisen wie z.B. Interviewtechniken oder Codieren. Den Lernenden die Möglichkeit zu bieten, sich entweder für Interviews oder Untersuchung von Audio bzw. Videomaterial zu entscheiden, kommt den individuellen Präferenzen expliziter bzw.impliziter LernerInnen entgegen (vgl. Franceschini/Zappatore 2002, Chamot/Malley 1994) und niemand fühlt sich gezwungen, Aufgaben zu übernehmen, die dem eigenen Lernstil vollkommen widersprechen. Die Inhalte sind zwar auf der Projektliste vorgegeben, können aber in Absprache mit den Studierenden erweitert und variiert werden, was ich im Hinblick auf einen lernerInnenzentrierten Ansatz für wichtig halte. Am Ende der beiden Semester dachten zwei Drittel der Studierenden, sich beim Sprechen verbessert zu haben: Es ist wichtig, dass die Studierenden selber das Gefühl haben, etwas gelernt zu haben, denn gerade beim Sprechen sind subjektiv wahrgenommene Defizite Hindernisse, die dazu führen, dass sich Lernende nicht auf Deutsch äußern. Haben die LernerInnen dagegen das Gefühl, etwas mehr zu können, da sie positive Erfahrungen mit dem Sprechen auf Deutsch im und außerhalb des Unterrichts gemacht haben, werden sie ihre Hemmungen überwinden und sich auch zukünftig weiter auf das Terrain Deutsch vorwagen.

Literatur
- Chamot A. U. /Malley J.M. (1994), Language Learner and Learning Strategies, in: Ellis N. C. (Hg.) Implicit and Explicit Learning of Languages, London, Academic Press, 371-392
- Faistauer Renate (2005), Methoden, Prinzipien, Trends? – Anmerkungen zu einigen methodischen Grundsätzen für den Unterricht von Deutsch als Fremdsprache, in ÖDaf –Mitteilungen, Sonderheft Perspektiven XII. IDT Graz, Wien, Österreichischer Verband DaF/DaZ, 8-17
- Fischer Sylvia (2003), Mehr kommunikative Kompetenz durch Talkshows im DaF-Unterricht, in: ÖDaF-Mitteilungen 2/2003
- Fischer Sylvia, im Dr., »An der Uni ist alles ganz anders«. Warum Deutsch lernen ein Kulturbruch sein kann, in: DAAD (Hg.), InfoDaF 2005
- Fischer Sylvia, im Dr., Sprechhemmungen und Sprechmotivation, in: Krumm, Hans-Jürgen /Portmann-Tselikas Paul (Hgg.), Theorie und Praxis. Österreichische Beiträge zu Deutsch als Fremdsprache, 2006
- Franceschini Rita/Zappatore Daniela (2002), Learner Acquisition Strategies (LAS) in the Course of Life: A Language Biographic Approach, in: Interactive CD-Rom L3-Conference, Second International Conference on Third Language Acquisition and Trilingualism, Ljouwert/Leeuwarden, Fryske Akademy
- Gudjons Herbert (1993), Handbuch Gruppenunterricht, Weinheim, Beltz
- Hornung Antonie (2003), Die tesina- unterwegs zum wissenschaftlichen Schreiben mit italienischen Deutschstudierenden, in: Ehlich Konrad /Steets Angelika (Hgg.), Wissenschaftlich schreiben - lehren und lernen, Berlin, de Gruyter, 347-368
- Knapp-Potthoff Amelie (1994), Co-Lernen im Sprachlehrdiskurs: Zwischen Input- und Output-Hypothese, in: Die Neueren Sprachen 93, 256-272
- Legutke Michael (2003), Projektunterricht, in: Bausch /Christ /Krumm (Hgg.), Handbuch Fremdsprachenunterricht, Francke utb, 259-263
- Lucius-Hoehne Gabriele/Deppermann Arnulf (2002), Rekonstruktion narrativer Identität. Ein Arbeitsbuch zur Analyse narrativer Interviews, Opladen, Leske & Budrich
- Martin Jean-Pol (1996), Das Projekt 'Lernen durch Lehren' - eine vorläufige Bilanz, in: Fremdsprachen Lehren und Lernen 25, 70-86
- Roche Jörg (2001), Interkulturelle Sprachdidaktik, Tübingen, Narr
- Schmidt Christiane (2000), Analyse von Leitfadeninterviews, in: Flick Uwe / Kardoff von Ernst / Steinke Ines (Hgg.), Qualitative Forschung, Reinbek, Rowohlt, 447-456
[1] Bei eigenen Vorschlägen der Studierenden wurden diese in Absprache mit mir berücksichtigt.
[2] Zum Thema Gruppenunterricht siehe Gudjons (1993).
[3] Einige Kontakte konnte ich selbst herstellen, andere wurden von den Studierenden gesucht, indem sie Übersetzungsbüros, andere LektorInnen kontaktierten oder auch TouristInnen in der Altstadt direkt ansprachen
[4] Die Deutschstudierenden stehen im dritten Jahr mindestens auf Stufe A2, die meisten jedoch auf B1 und B2, so dass nur die Schwächeren manchmal auf die Muttersprache oder andere Fremdsprachen ausweichen mussten.
[5] Eine einzige Person kann dabei nicht alle Punkte im Blick behalten, sondern nur einzelne Punkte, die jeweils besonders wichtig erscheinen, beobachten

Sprechfähigkeit und –willigkeit fördern: Das Dilemma der Grammatikvermittlung

Abstract
Welche Rolle spielt die Vermittlung von Grammatik im DaF-Unterricht, der vor allem Sprechkompetenz fördern möchte? Lehrende, die den Unterricht kommunikativ ausrichten wollen, treffen nicht selten auf Lernende, die aufgrund ihrer Lern- und Lehrtradition expliziten Grammatikunterricht fordern. Was sollen DaF-Lehrende in dieser Situation tun? Gerade muttersprachliche Lehrende im Ausland müssen damit rechnen, andere Vorstellungen und Konzepte vom Lernen einer Fremdsprache als ihre Lernenden zu haben. Um einen Ausweg aus dem Dilemma aufzuzeigen, soll von den Studierenden ausgegangen werden. Um die Differenzen, die oft die Relevanz von Grammatikvermittlung betreffen, darzustellen, werden daher die Aussagen italienischer DaF-Studierender zum Thema dargelegt. Anschließend werden diese im Hinblick auf theoretische Positionen wie zum Beispiel die Interface- bzw. Non-interface-Position, Noticing-Hypothese u.a. diskutiert. Einzelne Fallbeispiele dienen dazu, die Schwierigkeiten der Lernenden, die typischerweise auftreten, zu erörtern. Eine Diskussion der Argumente, die jeweils für oder gegen die explizite Vermittlung von Grammatik sprechen, leitet zu didaktischen Hinweisen für den DaF-Unterrricht über, der Sprechen vorantreiben möchte.

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http://zif.spz.tu-darmstadt.de/jg-12-1/beitrag/Fischer1.htm